Torna alle storie
Roche – A fianco del coraggio
Voti totali:
Per quanto possa provarci, non so se un testo riesca a far capire cosa realmente provi un padre di famiglia, marito di una giovane donna di quaranta anni e con due figlie di 11 e 7 anni. Il tutto accadde il 16 agosto 2010 dopo diversi avvisi confusi, posso dire anche in buona fede dai dottori: quella mattina mia moglie si recò per l'ennesima volta dal dottore. Resosi conto della grave situazione, chiuse l'ambulatorio e personalmente la portò in pronto soccorso, dopo rx, tac e analisi, mi chiamò in azienda dicendomi di recarmi subito al pronto soccorso. La prediagnosi fu devastante, linfoma, era arrivata in ospedale in piena crisi respiratoria, una massa mediastinica di 15 cm aveva compresso cuore e polmoni che in quel momento lavoravano per meno del 20 percento, da lì a pochi giorni ci fu il trasferimento al reparto di ematologia dell'ospedale Santa Chiara di Pisa. Dopo pochi giorni ci fu la diagnosi definitiva, linfoma non hodgkin al quarto stadio avanzato con massa inoperabile, data la sua posizione, tanto che la previsione di vita era di circa tre mesi. Che dire il mondo aveva smesso di girare, cosa dovevo fare? Le bimbe: cosa avrei dovuto dire loro? I parenti avrei dovuto avvertirli? Che fare? Ok, mi dissi che avrei fatto tutto quello che potevo e l'ho fatto, mi sono rivolto ad una psicologa per gestire le bimbe ed una situazione all'apparenza ingestibile, mi chiedevo se fossi io, dove avevo trovato tutta quella forza interiore, ancora ora non so spiegarmelo. La situazione degenerò velocemente, ormai il momento era arrivato, ma mia moglie ripeteva che lei doveva vivere per le bimbe ed io per scherzare le dicevo “ a grazie, solo per loro?". Ha combattuto oltre ogni forza che la natura conosca, i dottori ai quali dobbiamo tutto, hanno fatto il "miracolo della vita" come dico io perché dopo chemio, camere sterili, protocolli alimentari, radio e mille altre cose la tendenza si invertì, la speranza riaffiorava, mia moglie si può dire che rinacque per la seconda volta. In seguito a causa delle terapie che avevano comunque danneggiato le articolazioni, ha subito altre quattro operazioni per artoprotesi alle spalle e alle anche. Ancora oggi i medici la chiamano il loro miracolo e forse lo è stato davvero, non lo so, ma di una cosa sono sicuro la speranza è tutto, la forza di vivere è tutto, non arrendetevi mai, finché c'è vita c'è sempre speranza.